martedì 17 dicembre 2013

Apri gli occhi, Morrigan.





[una lettera piegata in quattro parti, viene fatta slittare sotto la porta di Morrigan]

quand'eravamo piccoli, giocavamo spesso a una cosa, uno sport, forse erano solo palate gratuite. Per fartela breve... c'erano due squadre che combattevano; undici ragazzi in un quadrato di terra e undici nell'altro quadrato. A vederlo dall'alto il campo intero, segnato da righe di gesso, era una specie di rettangolo lungo parecchi metri, con due porte, una per ogni squadra. L'obiettivo era attraversare quel rettangolo fino a soffocare. Non appena sconfinavi nel territorio avversario con la palla stretta al petto, sapevi già che ti avrebbero sommerso come uno stormo di cornacchie. In quei trenta secondi scarsi, mentre focalizzavi la porta, sapevi già che t'avrebbero caricato, trattenuto, placcato, insultato, sgambettato. Sapevi già che quella cazzo di palla sarebbe stata il motivo dei lividi e delle ossa rotte, delle bestemmie e degli spintoni, delle testate sui denti e dei pugni nello stomaco. L'unico modo per vincere era lanciare la palla a un compagno libero, mentre tu affogavi nel fango e venivi calpestato a calci. La palla volava di mano in mano, non stava mai ferma e non era di nessuno. Ce la passavamo per ore e ore, tracciando un labirinto di linee invisibili nel cielo.
Pensavo solo questo mentre scappavamo da Bullfinch, mentre ero in plancia a vedere i missili scivolare sul dorso della nave.
Pensavo che ci siamo menati così forte da aver annaffiato (per anni) col sangue e gli sputi, l'erba di quel campetto. Lo sapevo allora e lo so adesso che quella palla non l'avrei mai mollata, che l'avrei lasciata solo nelle mani dei miei compagni.
E' per questo che io e te non siamo mai state amiche Morrigan, tu non stai ne dentro ne fuori il campo, non sai neanche da che parte devi mettere i piedi. E io non ti odio, e non ho bisogno di perdonarti perché le ossa, me le hanno già spezzate prima che tu arrivassi col carico di paura e medicine.
Apri gli occhi Morrigan, ti muovi come una bandiera quando in realtà dovresti essere il braccio teso che la regge.

Cortès.

venerdì 13 dicembre 2013

Funziona solo negli Holo-film




Il mal di testa le stava trapanando le tempie e lei, seduta sulla sua brandina, cercava coi polpastrelli di trovare un po' di pace.
Ma era impossibile.
Perchè quel giorno gli altri detenuti nelle celle dello Sceriffato erano più turbolenti del solito.
La sua era una delle poche celle singole, ma poco più in là spazi cumulativi ospitavano criminali, soldati che avevano disertato, ladri, e svariate sottospecie di gente davvero poco raccomandabile, pronti a saltare alla gola del proprio vicino per fregargli un po' della brodaglia che gli portavano da mangiare.
Tra grida d'incitamento e sangue sparso, un tizio di Bullfinch se le stava dando di santa ragione con uno di Boros, a quanto aveva capito Zoe, che cercava di ignorare i vari:

- Cazzo, punta agli occhi, agli occhi!
- Ma che fai, pezzo di stronzo? Buttalo giù, devastalo!
- Adesso stacco una delle sbarre e te la pianto dritta in gola.

Etcetera. Etcetera. Etcetera.

In breve, il finimondo era scoppiato là dentro, corpi ammassati gli uni sugli altri che si facevano spazio a colpi di ginocchiate, gomitate, capocciate e pugni negli incisivi.
Una roba immonda.
E ad un tratto la nostra Paladina della giustizia, alias Zoe Morrigan, si era alzata di scatto dalla sua brandina. Aveva sollevato la testa arruffata con aria decisa, e poi s'era avvicinata alle sue sbarre.

- FERMI TUTTI!

Aveva gridato con la voce un po' roca e graffiata, classica di chi c'ha l'umidità perfino nelle mutande.
Inizialmente non aveva riscosso molto successo, finchè non se ne è uscita fuori con..

-SIGNORI! PER FAVORE!

Binomio altamente improbabile la parola 'signori' accostata al 'per favore', uniti ad una voce femminile, lì nelle celle di Timisoara.
A poco a poco i pazzi squinternati si erano fermati, bava alla bocca, occhi iniettati di rabbia, e avevano girato le teste verso la nana che stava cercando di far capolino tra le sbarre.
E poi, poi era successo l'irrimediabile.

- Figli di Gondor, di Rohan. Fratelli miei!

Se ne era uscita così, provando pure a fare una voce altisonante.

-Vedo nei vostri occhi la stessa paura che potrebbe afferrare il mio cuore! Forse arriverà un giorno in cui il coraggio degli uomini verrà meno, e abbandoneremo i nostri amici, e spezzeremo ogni legame di fratellanza, ma non è questo il giorno! Un'ora di scudi spezzati quando l'era degli Uomini finirà, ma non è questo il giorno! Oggi, noi combattiamo! Per tutto quello che vi è caro su questa terra, vi invito a resistere, Uomini dell'Ovest!

Il silenzio era piombato nel corridoio stretto che separava le varie celle.
Sguardi confusi, allibiti, espressioni stralunate s'alternavano sulle facce dei detenuti.

- Figli de che?
- Fratelli di chi?
- CORER DI MERDA, FA CHE ESCO DA QUI E TE LI FICCO TUTTI NEL CULO GLI SCUDI SPEZZATI!
- Puttana corer, che cazzo dici?
- A morte! A morte la corer!
- A morte Boros!
. A MORTE TUTTI!

Badabam. Avevano ricominciato a darsele di santa ragione.
Lei aveva sospirato, s'era ritratta dalle sbarre, ed era tornata con la coda tra le gambe a sedersi sulla sua brandina.
In fondo, roba del genere funziona solo negli Holo-Film.

giovedì 12 dicembre 2013

'Le persone danneggiate sono pericolose. Sanno di poter sopravvivere'



La sua colonna è una sequela di vertebre incurvate, le braccia stringono le gambe raccolte al petto, come per paura che qualcuno possa venire a tiragliele vie. I capelli -Rosales ne sarebbe rimasto perplesso, certamente- rivoltati contro il pavimento, sporchi di polvere e del tempo, del tempo che passa nella cella di Timisoara, mentre fuori impazza l'inferno.
Osserva tra le ciocche castane le sbarre, una guancia premuta sulle ginocchia inizia ad acquisirne il segno.
E' sempre più difficile catalogare i pensieri con ordine, mettere in fila nomi e facce, trovare spiegazioni.
Ha squarciato la faccia di Moloko Cortes, ed è finita lì.
L'ha fatto con un bisturi, per paura di morire.
Come fai a dirglielo, come fai a spiegarlo a queste persone che è stata la paura a farla reagire a quel modo?
Ci spinge la fronte, ora, contro le ginocchia.

'Non fidarti di lui.'
Eivor Edwards era così seria, lì davanti. Quando era successo? Il giorno prima? Qualche ora fa? Prima o dopo l'arrivo di Marshall Lee?

'Scopalo. Innamorati. Fai quello che vuoi. Ma non fidarti di lui.'

Era lei, la bionda su cui aveva fantasticato mille volte, osservando gli scarponcini di Huck Haggerty.
E le era grata, in qualche modo, per aver riportato quel nome nella sua cella, anche se solo per un secondo, anche se solo a bassa voce.
Aveva avuto ragione, Huck, quella volta. Qualcuno l'ha spaccata la sua campana di vetro: l'ha fatto da sola, con le sue mani, l'ha fatto senza sapere che cosa diavolo stesse combinando.

'Tu non sai quello che fai, cazzo. Ti butti nelle cose a cazzo, e ferisci te stessa e gli altri con la stessa facilità con cui rompi i bicchieri.'

Era vero anche questo, era vero come era vero che Lee l'aveva ferita con quella storia della tortura, e lei aveva ferito lui -ne era consapevole- difendendo le ragioni di Black.

Sta ferma, e adesso non guarda nemmeno più le sbarre perchè gli occhi ce li ha chiusi. Piange, ma lo fa piano, con una mano piantata sulla bocca per non disturbare l'accavallamento dei suoi pensieri cupi.
Non lo sa che cosa sta per succedere, non sa chi verrà oggi, se mangerà, non sa se è giorno o notte, non sa se vivrà o morirà. Si rende conto solo di una cosa, nell'umidità che ti entra nelle ossa, in una piccola cella di Timisoara: meglio continuare a spaccare bicchieri, che campane di vetro.







lunedì 9 dicembre 2013

'Mi piaci, Zoe, ma il sangue della mia gente è più importante del tuo.'



Lo so, che è così.
Ma non serviva certo dirlo, Marshall Lee, non dovevi necessariamente dirlo a voce, sapevi benissimo che ero a conoscenza della cosa. E come potrei fare diversamente?
Me lo ricordate tutti, qui, ogni giorno. Non c'era bisogno di dirmelo.
Non c'era alcun bisogno, mi ripeto, non c'era bisogno di farlo nel laboratorio, dove tra boccioni d'acido e sostanze chimiche cercavo di ripulirmi le mani dalla droga che ho preparato fino ad ora.
Ma non fa niente, Zoe, va tutto bene, Zoe.
Hai preparato gli antidolorifici, sei stata brava, Zoe.
Sei stata brava.


In tutto questo, c'è una nota buona, una nota bella, forse l'unica: Moloko Cortès sembra avermi accordato un pizzico di fiducia. Dice che sono un dito nel culo -testuali- ma domani mi viene a trovare, domani viene a trovare me. Viene lei da me.

'Una come lei non indossa golf rossi. E se lo fa, è solo perchè una pallottola le ha traforato lo stomaco, e quello, beh, quello è il rosso del suo sangue.'

Ma lo ha indossato, il mio. Oddio, io e Rosales glielo abbiamo messo mentre non era cosciente, e tralascerei volentieri il fatto che ha cercato di strapparselo via di dosso più e più volte tipo una scimmia drogata.
Fuma. E ho fumato.
Vieni qui. E ci vado.
Posacenere. E prendi il posacenere.
Perchè non riesco a dirle di no?
Mi sa che ho qualche problema col fatto di farmi accettare. O forse non lo so, forse è solo che non sono mai stata così distante da casa, come adesso.
Non mi sono mai sentita così lontana.
Mi sa che non mi sono mai sentita così sola, è questo il guaio.
Ho visto Saren e Dragan attraverso lo schermo del mio Holodeck, è stato bello.
Saren era preoccupato, stavolta non ha fatto niente per nasconderlo. E Dragan.. Dragan..
Dragan. Vaffanculo, razza d'handicappato.
Se non avessi ammazzato la mia amica, io non sarei mai partita, mai.

..

Volevo provare a scaricare sugli altri responsabilità varie ed eventuali, ma in realtà non funziona, non è così, probabilmente sarei partita lo stesso, solo che lo avrei fatto con meno rancore come bagaglio culturale da portarmi appresso IN QUESTO MALEDETTO PIANETA IN CUI PIOVE SEMPRE E MI GUARDANO TUTTI MALE E GLI ANFIBI SCIVOLANO SUL FANGO E IL LABORATORIO NON E' MANCO TROPPO ATTREZZATO E MI SENTO SOLA, MANNAGGIA LA MISERIA, MI SENTO SOLA COME QUANDO METTI I CALZINI IN LAVATRICE  E PUNTUALMENTE NE RITROVI SOLO UNO, E PURE SCOLORITO.
Ho finito. Mi sono sfogata.

Vaffanculo pure a te, Marshall Lee. Perchè hai dovuto ribadire, mettere in chiaro?
E Vaffanculo pure a te, Edward Shaw, coi tuoi messaggi monosillabici. Lo so che sei arrabbiato, lo sono un po' tutti con me, di recente, ma almeno..
non lo so.
Vado a dormire. Domani Moloko viene a trovarmi, domani forse mi sentirò meno sola.

( annotati in basso, un messaggio, scritto in fretta, molto in fretta. )

Vuoi partire. Vuoi pulirti la coscienza. Vuoi evitare di soffrire salutando. Vuoi che io scriva o dica qualcosa. Vuoi troppe cose, Zoe. 
  • "Non credo di riuscire a scriverti, mi si annoda lo stomaco in una maniera che proprio non puoi immaginare." Ed. 

sabato 7 dicembre 2013

'E ora, balliamo.'



(annotazioni scritte con una grafia fitta fitta.)

Sono arrivata, piove un casino, ho i calzini fradici e io odio avere i calzini fradici.
Quando non hai i piedi al caldo è una tortura, e mi sa che qui non ce li avrò per un bel po'.
Il Signor Volkov in realtà è il Capitano di questa gente, ed io non lo avrei minimamente sospettato.
Lo ricordo con una stecca da biliardo in mano, lo ricordo quando m'ha insegnato -oddio, diciamo che m'ha sfrantumato il culo- a Black Jack.

'Carta, carta, carta.'
'Sballato.'

Chiedo un'altra carta, chiedo di restare.
E il capitano acconsente, e Rosales, poi, mi guarda come se fossi una persona di cui prendersi cura.
Ed effettivamente l'ha fatto, s'è preso cura di me, non ha chiesto niente in cambio, lui non ha chiesto 'Carta'.
Chiede una carta Volkov, però, chiede che io produca farmaci.
E io acconsento, e lo faccio col cuore in gola, perchè stavolta non cucinerò droga, e nessuno mi sussurrerà più all'orecchio che sono un'assassina, e io forse potrò tornare a dormire.
Dormire. Coi piedi gelati, ma pur sempre dormire.
Carta, chiedo un'altra carta e mi ritrovo a viaggiare su una Jeep in compagnia di Rosales, mi spiega la prima regola, e mi guarda come se mi leggesse dentro, come se capisse.
Io, invece, non ci capisco proprio niente, se non che ogni volta che il mio accento corer mi scivola fuori dalle labbra, il banco sballa, e io mi guadagno una sonante occhiata di puro fastidio. O di diffidenza. O di odio. O di tutte e tre le cose insieme, accidenti.
E poi, improvvisamente Tiago mi afferra per i polsi e mette su una musica assurda, una che sembra ballabile, e in effetti 'Balliamo.' Mi dice.
'Ora balliamo', e più che ballare mi si spalma addosso e mi stringe, e poi mi fa ondeggiare a destra e a sinistra, che per fortuna che non ho mangiato niente, o giuro che vomitavo di tutto.
Me la offre lui, una carta. Con un sorriso di quelli che c'hai solo :

1- o quando sei ubriaco
2- o quando sei drogato
3- o quando gli Horyzon Buccaneers hanno vinto alla finale contro quegli stronzi del New London
4- o tutte e tre le cose precedenti insieme;

dicevo, con un sorriso davvero largo mi dice che mi può falsificare il tesserino identificativo.

'Te strapo dall'anagrafe'.
Mi strappa dall'anagrafe.
Rifiuto la carta e sto, che ancora non lo so se ho intenzione di sparire dal mondo, inghiottita del tutto dalla pioggia di Bullfinch.

La Cortès.
E' difficile sostenerne lo sguardo, è difficile farlo anche se se ne sta sdraiata sul letto mezza moribonda, è difficile soprattutto quando mi chiama 'faccia di merda', e io non so che dire, e mi viene il sospetto che il fango mi sia schizzato in faccia, ma evito di chiedere e pure di toccarmi il viso. Non voglio che Cortès pensi che sia totalmente deficiente.
Me la offre lei, la carta. E io l'accetto, accetto che mi insegni a sparare, non appena si riprenderà.
L'ansia mi assale al pensiero che io possa imbracciare un'arma e spararle inavvertitamente in faccia.
'Scusa, Cortès, Scusa preventivamente se io t'ho sparato addosso, non volevo, m'è partito il grilletto.'
Forse mi direbbe anche a quel punto che chiedere 'scusa' è da froci.
Anzi, no, non lo direbbe perchè a quel punto sarebbe morta.
Oddio, oddio ho appena ucciso la Cortès nella mia testa, questa cosa è terribile, non vorrei che morisse, non lo vorrei anche se continua a piantarmi addosso quegli occhi diffidenti e un po' cupi.
Si chiama Moloko, tra l'altro, l'ho scoperto, l'ho chiesto a Rosales, ho chiesto un'altra carta e lui me l'ha offerta come un croupier stanco, ma tenace.

E piove ancora, ed è tutto buio. Sto dormendo su un letto che non è un letto vero, o almeno, sarebbe un insulto chiamarlo 'letto', perchè le molle mi stanno aggredendo fisicamente la colonna vertebrale, credo che me la paralizzeranno entro breve, finirò su una sedia a rotelle per colpa di una branda malandata.
E' quasi più terribile che sparare addosso a Moloko.
Moloko. Carta, Moloko, Carta.
Dammi una possibilità, almeno una, prometto di respirare, di pagare le cambiali, di non entrare in ansia, di non sballare.
Prometto di non sballare.
Prometto di non pensare a Dragan, lo prometto, prometto di non pensare a come m'ha stretto forte le mani, a come m'ha guardata lì davanti alla Chiesa, come se non volesse lasciarmi andare. Prometto di non pensare alle risate soffocate contro le lenzuola, alla sua camicia rossa, agli schiaffi, agli abbracci dolenti e al suo risistemarmi dietro le orecchie le ciocche di capelli. Prometto di non pensare che porto sfacciatamente al collo la collana che m'ha regalato, alla sua risata afona, al suo modo di camminare come se fosse il padrone del 'Verse. Prometto.Io prometto di non pensare a quando m'ha parlato di Victory, e poi m'ha preso il viso tra le dita, e m'ha sfiorata con parole di quelle parole che fanno un male cane, a ripensarci, ma ho promesso di non farlo, e prometto anche di non credergli, di non credere che mi stia aspettando, che mi stia davvero aspettando.
'Fai quello che devi fare. E poi torna da me.'
Non mi stai aspettando, Joe, vero? Non lo stai facendo?




Le stelle, oggi, non m'hanno ancora inghiottita.
Ma le molle di questo materasso lo stanno per fare: Blackbourne sarebbe felice.




( annota, subito dopo, un messaggio probabilmente ricevuto sul cortex pad. Mancano interi brandelli di frasi, li ha prima scritti, poi cancellati con violenza.)


So cosa hai fatto [...] Morrigan e per l'ennesima volta mi hai [..].
Avrei dovuto ucciderti il primo giorno che ti ho visto mettere piede [...].
Hai cercato anche di [...]  pulita la coscienza. [...]Per trovare una soluzione ai tuoi guai.
Questo gesto Morrigan, non lo dimentico [...] questo.
Non c'è posto nel verse [...] dove non ci sia qualcuno che mi deve un favore.
Guardati sempre le spalle da oggi in poi Morrigan, [...] le cose cambiano.


(e ancora, più sotto, un altro stralcio di messaggio.)



'Perché ti dico questo? Perché ci ho pensato, Zoe, e ho capito che il mio orgoglio vale meno di quello che provo per te. E perché non voglio svegliarmi, domani, con la consapevolezza di averti perso, la consapevolezza che sia troppo tardi.'




venerdì 6 dicembre 2013

E' una cosa strana. Quando ti accade di vedere il posto dove saresti salvo, sei sempre lì che lo guardi da fuori. Non ci sei mai dentro. È il tuo posto, ma tu non ci sei mai.



Era lì, dritta in piedi, ad aspettare la nave che l'avrebbe portata più o meno all'Inferno.
Il suo bagaglio tenuto saldamente in una mano, come temendo che qualcuno potesse portarglielo via da un momento all'altro.
Ma non sarebbe arrivato nessuno, e lei lo sapeva.
Così come sapeva che si stava lasciando alle spalle una carriera che le avrebbe assicurato soldi, bei vestiti, lusso, conoscenze influenti e tanti, svariati sensi di colpa a pesare su spalle troppo magroline, per sostenerli tutti.
Aveva lo sguardo leggermente lucido degli antidolorifici e degli antibiotici che le circolavano nel sangue, il naso faceva ancora male, la sua faccia era un enorme livido scuro senza capo nè coda.

'Ho provato a darti un futuro: ti sputi su di me, su quello che ti ho dato. Ho fatto di te un essere significante, e non l'ennesimo pedone su una scacchiera che nemmeno puoi vedere. La mia delusione è massima. Levati dalla mia vista: con te, ho solo perso il mio tempo. Bada ad osservare queste poche regole: e a dimenticare ogni cosa che hai visto qui. E a non finire in attività che troverei disdicevoli: viola solo uno di questi precetti, e verro' a prenderti. Ovunque. Non ci sarà posto in grado di nasconderti, nel Verse.'

Le parole di Blackbourne le rimbombavano nella testa. Entravano in circolo, facevano sempre lo stesso giro, rimanendo piantate lì, a pulsarle contro le tempie.

'Che le stelle ti inghiottano, Morrigan.'
L'avrebbe preferito, di certo.
Avrebbe preferito venire fagocitata da un buco nero, probabilmente, piuttosto che ritrovarsi addosso quello sguardo. E quello di Eddie Shaw, la sua testa bassa, il sorriso amaro. E quello di Dragan Momic, puntato dritto in faccia come un pugno che non t'aspetti, mentre le faceva promesse che non avrebbe mai potuto mantenere.
Le dita sottili e infreddolite erano andate a serrarsi sul suo bagaglio, così forte che le nocche erano impallidite. Ed era impallidita anche lei, e forse, forse le si erano anche riempiti gli occhi di lacrime, mentre fissava con sguardo perso il punto in cui avrebbe dovuto attraccare la nave, di lì a breve.
Il fatto che avesse firmato un contratto di schiavitù rendeva solo più opprimente quell'attesa, un'attesa che l'avrebbe liberata da una morsa sottile ma ben presente lì nello stomaco.
Non aveva nemmeno mangiato.
Quel pensiero le era saltato in testa all'improvviso, in maniera improbabile e del tutto fuori luogo.
Seguito a ruota dal ricordo delle labbra di Dragan premute contro le sue, in quel bacio lungo, silenzioso e morbido, che aveva tutte le carte in regola per sembrare un addio.
Lei non glielo aveva detto, addio.
Non lo aveva detto a nessuno, in verità, e nessuno lo aveva detto a lei.
L'attracco della Nave lì davanti al suo sguardo era passato in secondo piano, le voci dei passeggeri che si preparavano a partire l'avevano fatta trasalire. Il bagaglio se l'era stretto al petto, improvvisamente, e gli occhi erano passati febbrilmente da una zona all'altra di quel mezzo di trasporto, col respiro fermo in gola, e lo smarrimento più cupo incastrato tra le ciglia castane.

'Allora, sali o no?'
Le aveva detto un tizio con un orribile copricapo in testa, facendole anche un cenno col braccio.
Era rimasta immobile a fissarlo, gli occhi via via sempre più sgranati, le labbra dischiuse nell'atto di parlare.

'Ehi, Ragazzina. Dico a te. Noi qui stiamo per chiudere.'
Con un battito di ciglia più svelto s'è resa conto che era restata lì impalata per chissà quanto. Perdeva pezzi di tempo, pezzi di tutto.
E alla fine su gambe traballanti e incerte, aveva raggiunto l'ingresso del boccaporto della Nave. Sfilando un sorriso cupo all'uomo che la fissava in tralice, aveva poi detto:

'Salgo, Sì. E che le stelle m'inghiottano.'

giovedì 5 dicembre 2013

Passa il tempo..


..e io faccio sempre le stesse cazzate.
Sto cercando di fare mente locale sul come m'è venuto in mente d'accettare la proposta di firmare il contratto di schiavitù per la Graf per un mese.
Sarà che in caso contrario ci morivo?
Mi sa di sì.
Ma poi, santoddiod'amore, posso diventare la schiava di una che NON PORTA LE MUTANDE?
Non le porta, oggi ne ho avuto la maledetta conferma, e ora la mia mente purissima verrà per sempre invasa da quella loschissima immagine che..nnhh..fmnfgnj..ngjgt
gtlgttgklh
hrthtkkh

fkkggk

DITA, CALMATEVI.

Voglio fare un resoconto, mettere per iscritto, giusto per capire e riflettere tra me e me, e le mie dita traumatizzate.

Il signor Blackbourne mi 'deve' parlare. Su come impiego il mio tempo quando non sono in servizio, dice.
Al che mi vengono in mente mille ipotesi, perchè voglio dire, ce ne stanno parecchie.
Avrà scoperto che mi vedo (VEDEVO, ZOE, VEDEVO!) di nascosto con Joe Black?
In caso: morirò.
Avrà scoperto che ho difeso Jordan nel bagno della roadhouse, mentre Luis pisciava allegramente sul pavimento? (E l'ho visto, non se l'è neppure sgrullato prima di rimetterselo nei pantaloni.)
In caso: morirò.
Avrà scoperto che me ne sono andata a fare una passeggiata a Bullfinch, in zona di guerra, in gran segreto?
In caso: morirò.

Forse è vero che dovrei andarmene da questo posto. Qui mi trattiene solo un nome, e quel nome è quello di Huck Haggerty, ma Huck Haggerty è così distante e freddo e mezzostronzo che mi si boicotta da solo, nel cervello. Ogni volta che mi chiedono il motivo della mia permanenza ad Hp, io formulo nella mia mente la frase:
'E' perchè ci sta Huck'.
Lo faccio in automatico.
Lo faccio praticamente senza rendermene conto, e adesso non so più nemmeno io da quanto tempo questa giustificazione non regge più. Se dalla sua ultima sfuriata, o dall'ultimo 'Vaffanculo, Morrigan'.
Sì, forse dovrei andarmene.
Peccato che la Graf m'ha detto che so troppe cose, e che probabilmente (INDOVINA COSA?) m'ammazzerebbero, pur di non lasciarmi andare con le informazioni che ho in mano.

Non so bene cosa fare. Inizio a prendere in considerazione l'ipotesi del suicidio se non fosse che io, nel 'Verse', ho ancora qualcosa da fare.


venerdì 8 novembre 2013

Cose da non fare.


Tra le cose da non fare mai più nella vita, la prima consiste nel non cercare a tutti i costi di fissare un appuntamento al buio a Kane Vyntra con ex compagne d'università.
Ok, lo ammetto. Jellery Goren non era propriamente un figurino, coi suoi novanta chili e passa distribuiti su 157 cm. E sì, ammetto pure che l'apparecchio avrebbe potuto levarselo, ed indossare qualcosa di più grazioso che non fosse una tenda dai colori improbabili in grado di provocare immediata cecità all'occhio destro. Ma accidenti, Kane avrebbe almeno potuto scambiarci due chiacchiere.
Invece no, s'è arrabbiato. E pure tanto, a giudicare da come gridava.
Ma che ti gridi, dico io, invece d'essere contento che hai una collega che pensa ad un tuo possibile futuro coniugale. Che poi Jellery Goren (anni 26), è una grandissima Biologa, e di barzellette ne conosce a iosa.
I denti ingialliti dal fumo sarebbero potuti passare in secondo piano, dopo il terzo bicchiere di whiskey, ma niente, la poverina non ce l'ha nemmeno avuta questa possibilità.
Delle volte credo che Kane Vyntra sia davvero un buzzurro troglodita.

Altra cosa da non fare: attraversare la strada di notte, sotto la pioggia, senza guardare prima a sinistra. Si rischia di morire, pare. Io però non sono morta, ringraziando il cielo, anche se ho fatto una deliziosissima conoscenza con il muso di un thor, e subito dopo sono andata a dare un bacetto all'asfalto dei sobborghi di Cap city. Un volo assurdo, sono ancora tutta dolorante.
La colpa in questo caso ammetto che è mia, ma a dirla tutta dopo che Saren -il guidatore- s'è mostrato a me come il più grande narcolettico della storia del 'Verse, qualche dubbio sulla sua colpevolezza inizio ad averla. Aveva una faccia talmente stralunata e pallida che sembrava gli avessero tirato fuori dalle vene metà del sangue, con un tubicino sottile sottile e affilato affilato.
Insomma, da che l'incidentata ero io, mi sono ritrovata a dovermi preoccupare per questo tizio probabilmente affetto dal disturbo di personalità schizoide, che mi dà uno strappo a casa e che mi fa rischiare la morte ogni due per tre, laddove 'ogni due per tre' coincide con la sua testa che se ne vola in avanti, ogni volta che lo acchiappa un colpo di sonno.
Indagare. Questo rischia sul serio di crepare nel giro di due giorni, specie se rimane alla guida del thor di cui sopra.

Altra cosa da non fare: rimanere ad aspettare il ritorno di Huck Haggerty seduta su una sedia. Perchè ci si finisce addormentati, su quella sedia. E poi s'addormentano pure le gambe, e ti ritrovi a sbavare e a zoppicargli dietro, per cercare di prendere il suo bagaglio.
E' tornato. E' tornato Huck, sono tornati i suoi stivaletti e la sua barba, e sono tornati anche i suoi modi burberi di cui avrei fatto volentieri a meno.
L'ho capito che ha messo una sorta di barriera tra me e lui, forse iniziavo ad essere pesantemente monomaniacale con i miei messaggi. Ma ero preoccupata, quello stava a Polaris, una pallottola in fronte se la poteva beccare facilmente. Figuriamoci, poi, con quel suo accento corer e con l'aria da scommettitore incallito.
Nella mia testa la scena ricorrente era più o meno questa:

Huck:  Ehi, ragazzi, chi ha le palle per un giro di poker?
Gentedipolarisacaso: Uccidiamolo. Malmeniamolo e strappiamogli i denti, li rivenderemo a qualche compratore interessato.

E giù a randellate.
Meno male e dico MENO MALE che lo striscione di benvenuto l'ho lasciato nel mio alloggio, ripensandoci a mente fredda inizio a presumere che non avrebbe gradito troppo. E' tornato.
L'ho già scritto, che è tornato? Beh, lo riscrivo. HUCK HAGGERTY E' TORNATO SULLO SKYPLEX.

P.S: e comunque, io i suoi denti me li sarei comprati volentieri.

martedì 5 novembre 2013


'We wish you a merry christmas,
We wish you a merry christmas,
We wish you a merry christmas,
and a happy new year'


La sveglia.
Era assurdo che avesse una canzoncina di natale come sveglia. Ma era ancor più assurdo che tenesse una sveglia anche lì sullo skyplex, dove il giorno non esisteva, la notte nemmeno, tutto viaggiava su una condizione di tempo abbastanza instabile e soggettiva.
Forse è per questo che aveva sistemato la sveglietta old style sul suo comodino, e l'aveva lasciata puntata alla stessa, identica, precisa, specifica ora in cui s'è sempre alzata, da ventisei anni a questa parte. Le 5.57 del mattino.
I tre minuti prima delle 6.00 erano quelli che le servivano per aprire gli occhi, fissare il soffitto e illudersi di avere ancora tempo per riposare.Che ragazza fortunata ad avere ben tre preziosi minuti, ancora.
E in genere schizzava via dal letto senza lamentarsi, senza borbottare o inveire o imprecare contro il Santo Natale. I tre minuti del buonumore preventivo, li chiamava.
Ma quel giorno no. Quel giorno la sveglia ha continuato a suonare.

'Glad tiding we bring
To you and your kin:
Glad tidinas for Christmas
and a happy new...'


'FANCULO!'

Con la voce ancora arrochita dall'alcol e una manata, ha mandato a farsi benedire la sveglia, il natale, la canzoncina e pure le 6.00 del mattino.
Ha alzato la testa arruffata e sconvolta e ha guardato il cadavere di quel cimelio a terra, spaccato in tre pezzi precisi. Tre, come i minuti di 'riserva' prima di cominciare la giornata. Tre, come le imprecazioni che stava masticando a mezza voce, con aria rancorosa ed un'occhiata davvero brutale, verso la sua ormai ex sveglia.
Era strano. Era come se un senso di liberazione le s'inerpicasse lungo la colonna vertebrale, risalendo fino alla testa. L'omicidio della sveglia le ha strappato un sorriso sottile, quasi efferato. Si è rigirata di schiena, a braccia aperte, e lo sguardo assonnato e lucido rivolto sopra di sè, ancora con quell'assurdo sorriso sulle labbra. Stava cercando di capire quand'era stata l'ultima volta ad aver provato quel sottile, misterioso senso di liberazione dall'ansia costante che l'attanagliava, ma non riusciva a capire, non riusciva a ragionare.
La Tequila. Forse la Tequila della sera precedente, o le chiacchiere con la dottoressa Moriarty?
No. C'era sicuramente dell'altro, quella sensazione lei l'aveva provata poche ore prima.
Lo sapeva, ce l'aveva proprio sulla punta della lingua.

'Dovere. Potere. Dovere e Potere. Parli solo di questo.
Pensi mai a quello che vorresti, Zoe?'


Il ricordo delle parole di Joe Black le ha fatto spalancare gli occhi all'improvviso, e trattenere di colpo il respiro, come un pugno in faccia che non t'aspetti. La percezione netta di aver combinato un casino la stava aggredendo senza possibilità d'appello, perchè dalle parole era passata a ricordare i fatti.
E nei fatti, per qualche assurda ragione s'era ritrovata con le labbra incollate a quelle del Pirata.

S'è presa giusto quei cinque, sei secondi di tempo per vergognarsi come una ladra, con tanto di mani in faccia. E poi dalla vergogna è passata al dubbio d'essersi immaginata tutto, e dal dubbio alla possibilità che fosse stata un'allucinazione dovuta all'alcol, e poi alla certezza che no, sicuro, la procedura del 'bordello irreversibile' l'aveva avviata esattamente qualche ora prima, alcol o non alcol, l'aveva fatta davvero grossa.
Saltare giù dal letto con l'urgenza a farle traballare le gambe nude è stato il passo successivo.
Poi s'è fermata.
Gambe nude.
Nude?
Se l'è guardata stranita: era in mutande. Mutande ridicole, peraltro, rosa di quel rosa che nemmeno le tredicenni al campo scout. E la camicetta mezza slacciata che aveva indossato la sera prima.
Ha dato un'occhiata stralunata allo specchio, passando una mano tra i capelli sconvolti.
Mutande e camicia. Non ci poteva credere, aveva dormito in mutande e camicia.
La cosa era quasi più sconvolgente del ricordo di Joe Black e del suo braccio piazzato dietro la sua schiena.

'Oddio. Oddio, salvami, oddio, salvami o uccidimi o apri una voragine e buttamici dentro.'

Parlava con un ipotetico dio, ma aveva già messo mano al cortex pad al suo polso.
Huck. Doveva avvertire Huck, di corsa, e Huck avrebbe avvertito Bill, e Bill avrebbe..
Ha alzato la testa, fissato la parete con gli occhi sgranati e le labbra mezze schiuse.
Cos'avrebbe fatto? Non lo sapeva pure lei.
E poi, Huck se ne stava nella sua maledettissima 'vacanza premio', perchè mai lei avrebbe dovuto spifferare tutto?
Giustificazioni su giustificazioni che s'accavallavano in una mente confusa dai postumi di una sbronza colossale, e dalla paranoia, soprattutto la paranoia.
S'è ritrovata seduta sul letto, a lisciarsi stupidamente la propria camicetta bianca sgualcita, mentre ancora fissava il muro come se fosse il soggetto più interessante esistente nel 'Verse.

'Un'ultima stronzata, e con me hai chiuso.'Le aveva detto il chimico.
E la stronzata l'aveva fatta, effettivamente.
L'accendersi del cortex pad, seguito a ruota dal 'bip' di un messaggio in arrivo, era chiaramente il segnale che no, però: non sarebbe stata l'ultima.

lunedì 4 novembre 2013

I pesci sono terapeutici.


Me ne sono scappata all'acquario, che i pesci sono terapeutici, dicono.
Terapeutici.
Sono appena tornata dalla consegna di un carico di droga dove per poco non me la sono fatta sotto, Huck è in 'vacanza premio' e chissà quando torna, Kane mi sta appiccicato al culo da giorni e ho la sincera, terribile, tremenda paura che possa accostarsi alla porta del bagno mentre faccio pipì, e allora mi si blocca proprio la pipì, che se avverto la presenza di qualcuno lì fuori, o anche il solo pensiero..oddio, mi sono persa.
Insomma: non riesco a fare pipì decentemente, Luis Collins sembra avercela a morte con me, oggi non so bene cosa ha blaterato, Tali ha preso le mie difese ma non ha mancato di ricordarmi il bordello che ho fatto (io? fatto, io?) per via di Joe Black e la sua maledettissima banda. E che altro?
Ah, sì, l'ultimo messaggio dello stesso Joe mi indicava chiaramente come 'grandissima testa di PENE' (non ha usato la parola pene, ma credo sia più elegante) e mi ha detto che si sarebbe sfogato contro qualcun altro.
Ho il sospetto che possa aver messo sul serio le mani su Chris Parker, ma sono così vigliacchetta nell'animo che ho paura anche solo di informarmi.

E IN TUTTO QUESTO, I PESCI SAREBBERO TERAPEUTICI PER COSA?!
No, fottuto manuale di 'come non tenere la mente sotto stress', dimmi per quale motivo i pesci dovrebbero essere terapeutici.

Forse devo smettere di comprare manuali per tutto.
Il manuale sul primo appuntamento m'è servito ad avere un due di picche scaraventatomi in faccia come un velociraptor, il manuale su come fare amicizia mi ha fatta ritrovare con la mia unica amica in cella, io nei guai seri, un Pirata che m'invita a cena e minacce varie ed eventuali.
Ora questo coso per evitare di tenere la mente sotto stress dice di frequentare gli acquari, che i pesci sono terapeutici (continuo a scriverlo, che magari funziona.)
Invece io, qua davanti, faccia a faccia con lo squaletto probabilmente modificato geneticamente, a giudicare dagli occhi azzurri che ha, che pare più un alieno che altro, dico.. qua davanti mi rendo conto che certe volte mi ci sento io, dietro ad un vetro, immersa nell'acqua.
Mi ci sento io, come un pesce ben addomesticato, abituato a spazi piccoli, abituato a boccheggiare, abituato al silenzio ingombrante e alle luci poco naturali di un acquario.
Mi ci sento io, sotto una campana di vetro. Campana di vetro. Quando Huck m'ha detto che prima o poi avrei trovato il modo di spaccarla, non ci ho dato troppo peso.
Adesso mi rendo conto, in special modo per via della sua stupida, maledetta assenza, che probabilmente mi sono avvicinata a lui perchè la mia campana non sarebbe in grado di spaccarla, o semplicemente non vorrebbe mai farlo.
E' che non lo vorrei nemmeno io, in fondo in fondo.

Le campane di vetro, come si suol dire, sono terapeutiche.

martedì 29 ottobre 2013

'Dovessi morire domani..'


(Annotazioni)

Siamo in viaggio verso Greenfield con un carico di droga da svariate migliaia di dollari vicino al culo.
'Portati da leggere', ha detto Huck. E io mi sono portata il mio libro di chimica, quello dell'università, quello su cui c'ho speso notti insonni e svariati piantini classici da pre-esame.
In genere m'aiuta a pensare. Anzi, mi correggo: m'aiuta a non pensare.
Ma adesso no, adesso è tutto talmente un bordello che nemmeno le formule mi sembrano più tanto un porto sicuro.
E quello stronzo se ne sta in cambusa da non so quanto tempo, ormai, e m'ha lasciata qua a morire di stenti e di pensieri malati fatti ( in ordine crescente di disperazione) di:

- previsioni di un futuro in cui sono senza una gamba
- previsioni di un futuro in cui sono senza tutte e due le mani e mi hanno spaccato i denti davanti
- previsioni di un futuro in cui non ho più accesso al laboratorio
- previsioni di un futuro senza di lui a rompermi le scatole.

E questo è quanto.
No, non è vero, questo non è quanto proprio un bel niente, è che lo so che ho sbagliato. M'aveva chiesto una ed una sola cosa, ovvero di tenermi lontana dalla banda di Momic. E io che faccio? Accetto il suo appuntamento d'uscire a cena fuori. Non con tutta la banda, eh, io dico proprio con lui, Momic.
Che poi, non ho capito: perchè Momic? Non fa 'Black' di cognome?
Joe. Joe Black.
Joe Black che oggi ha fatto squillare il mio cortex pad svariate volte, prima di darmi una punta al Bazaar e presentarsi davanti a me con due ciambelle per mano ed un sorrisetto tronfio sulle labbra. Non sembra poi molto un criminale pluriomicida ricercato da questo pianeta e quell'altro, quando sorride a quel modo.
'Ok, oggi non morirò', ho pensato.
Ma poi ho dovuto farlo innervosire, gli ho sbroccato contro e s'è impermalosito tutto, tanto che per poco non mi mollava lì alla bancarella delle bombe a mano (o forse non erano propriamente bombe a mano, non so, di quegli aggeggini per ammazzare la gente non ci capisco nulla).
CHRIS PARKER.
Eccolo il nome da non nominare. Eccolo, puntuale come un orologio svizzero, il nome che ho pronunciato.
Non ne vuole sapere dei 300 dollari che gli ho proposto per non ucciderla (in realtà ho usato la parola 'bigliettoni' per fare la dura, ma non ha funzionato lo stesso. Ci vuole uno zero in più, dice, e io uno zero in più non ce l'ho.)
Non so bene cosa pensare.
Huck dice che è pericoloso, e io so che è pericoloso, è solo che..
non lo so. Non so niente, accidenti.
Volevo solo dimostrare a quello spostato, burbero, maledetto, infingardo, borioso, maleducato chimico che so cavarmela benissimo anche senza di lui e che no, non gli starò più appiccicata, giuro, promesso, e no, smetterò di fregargli il grembiule da lavoro solo per annusarlo come se fossi una stalker professionista e ancora no, smetterò di pronunciare il suo nome con chiunque, dovessi morire domani.

...

Ritratto un po' di cose. Il grembiule, in realtà, vorrei continuare ad annusarlo ancora finchè mi risulta possibile, diciamo fino a quando avrò ancora le narici attaccate al naso. Però per tutto il resto GIURO, PROMETTO, DOVESSI MORIRE DOMANI (ripetizione dovuta.)

Sento i suoi passi. Sta scendendo dalla maledettissima cambusa.

Ricorda, Zoe: DOVESSI MORIRE DOMANI.
MORIRE.
DOMANI.
MORIRE.


Fine delle comunicazioni.


( sulla stessa pagina, dopo poche ore, è tornata a scribacchiare qualcosa.)

'Questa è la tua ultima stronzata. Fanne un'altra e mi assicurerò personalmente che tu venga regalata a Momic'


Credo si sia arrabbiato di nuovo.

domenica 27 ottobre 2013

Andare a fare in culo: nuove frontiere della socializzazione.


(annotazioni fatte a penna, con una grafia fitta fitta, piccola.)

E' dappertutto.
Io mi sveglio, e mi ritrovo liste della spesa da fargli, liste di debiti da ripagare per cose mangiate/bevute/spaccate, liste di cose che non dovrei fare, o che non dovrei fare così.
Il tizio del casinò m'ha buttata giù dal letto, oggi,  per avvertirmi che Huck Haggerty era tutta notte che continuava a bere e a giocare, e porco magnesio, era proprio vero che stava là.
Poi non ho capito bene ch'è successo. Vaffanculo tu, no vaffanculo tu, ennò, allora vacci tu a fanculo, ma sai che ti dico? Vaffanculo prima tu, no, vacci tu e pure con lo schioppo e senti, ma perchè non vai a fanculo? Perchè a fanculo ci devi andare tu e non voglio stare nello stesso posto. Fanculo!
Più o meno così.
Si, ok, era ubriaco. Si, ok, sono stata una cretina con la storia di Chris. Si, ok, certe cose mi vengono spontanee, tipo placcare le gambe di Kane Vyntra mentre è impegnato ad arrestare la mia amica. Sì, ok a tutto.
Ma mi sono sentita tipo quando getti le pastiglie di Bu2Fo all'interno della Blast ancora non sintetizzata, che fa quel rumorino tipo come un cane muto che prova a guaire, o come unghie corte sulla carta vetrata, o come un Chimico che ti guarda come se non valessi niente quando il tuo mondo da pochi giorni a questa parte gira attorno a lui. O peggio, come se fossi un ostacolo, tu e tutto l'hp, alla sua futura e possibile e soprattutto sperata dipartita lontano dallo Skyplex.
In quel momento mi sono resa conto che Huck Haggerty non ci vuole stare, qui.
E m'è passata tutta la vita davanti, oddio, diciamo tutta quella che deve ancora venire. Immagini idilliache di Kane Vyntra che mi mena per sport, della Dottoressa Graf che mi rifila veleni creati da lei ad hoc, di Luis Collins che mi piglia per il culo tutto il giorno. E più di tutte, m'è scattato il flash mentale di questa fotografia tristissima-barra-strappalacrime, sbiadita, con tutti i bordi rovinati di un laboratorio senza gli 'Sfiga Puttana!' di Huck, e senza i suoi 'Cazzo fai, Morrigan?' e senza 'Usa l'intuito, intuitina, altrimenti quel soprannome che te l'ho dato a fare?' e senza i suoi scarponcini rovinati (ebbene sì, usa gli scarponcini, glieli ho visti) e le scommesse e le battute sarcastiche e i malumori e la sua risata e senza di lui, accidenti.
'Vaffanculo tu, Huck Haggerty.'
Un vaffanculo che racchiude un: non te ne andare via e non mollarmi qua, ti prego, o giuro che io mi ci ingozzo, con le pastiglie di Bu2Fo e poi le rivomito e le mescolo all'acido Fluoridrico e me lo applico come maschera per la pelle da usare solo di notte, perchè di giorno sono occupata a dare capate contro la porta blindata delle celle di Hall point.
Un vaffanculo che in realtà non ha detto proprio nient'altro che non fosse 'vaffanculo', appunto, e basta, da adesso in poi ho deciso che mi devo staccare da questo colossale pensiero opprimente e non lo voglio vedere per giorni e giorni e giorni fino alla prossima sintetizzazione, si spera tra un annetto circa, e mi vado a sbronzare di ru-..

Il mio cpad.
S'è appena illuminato.

( la grafia è meno precisa, più svelta.)

Mi aspetta su Albany, al laboratorio della droga.



....


Ma vaffanculo.

giovedì 24 ottobre 2013

Carpathia Square offre una bella vista, alle volte.



Se c'era una cosa che Zoe Morrigan non sapeva fare, era aspettare.
Non riusciva ad ammettere ritardi d'alcun tipo, proprio le creavano ansie, i ritardi.
Se ne stava lì ad attendere, ferma sulla panchina, con le mani serrate e unite tra le gambe sottili.
Il via vai della gente incrementava lo stato di paranoia in cui stava amabilmente cadendo, cercava di non osservarle le persone, si limitava a fissare i loro piedi.
Dai piedi, alla fine, uno capisce quasi tutto quello che c'è da capire.
Quello veniva sicuro dal Rim, quell'altro no, aveva le scarpe troppo lucide, quella con le scarpe rosse e il tacco alto non ci sapeva nemmeno camminare, su quei trampoli, valeva quasi la pena risollevare gli occhi verso il suo viso -era bionda, sicuro, se lo sentiva proprio dentro- se non fosse che un paio di scarpe nerissime e sobrie, dalla punta leggermente allungata, non si fossero fermate esattamente davanti a lei.
Le aveva viste mille volte, quelle scarpe.
Le aveva odiate altrettante volte.

'Morrigan.'
Detestava il modo in cui lui pronunciava quelle otto lettere. Davvero, lo detestava con ogni fibra del suo corpo.

'Ciao, papà.'

Aveva alzato gli occhi e lo aveva guardato. L'espressione di disappunto sul viso di suo padre era una costante, ormai. Aveva quell'espressione là, con le labbra un po' strette e la fronte aggrottata, ogni volta che malauguratamente si ritrovava ad iniziare una conversazione con sua figlia.
'Ma che ci parliamo a fare, se tutte le volte mi devi guardare come se fossi una strana cosa che qualcuno ha buttato per terra.' avrebbe voluto dirgli questo. Avrebbe voluto dirgli molte cose, in realtà, ma era pure vero che alla fine non gli diceva mai niente, tenendosi tutto ficcato nella gola, proprio ad altezza trachea, giusto per non creare chissà quale enorme, strano, immenso, miserabile disagio.
Aveva sorriso, invece, nel modo un po' formale che ha lei per sorridere quando incontra qualcuno di importante. Lui no, non aveva sorriso. S'era semplicemente seduto al suo fianco, a qualche centimetro di distanza, e aveva già girato lo sguardo altrove, verso qualcosa di più interessante. La fontana di Carpathia Square, in fondo, era davvero deliziosa.
'Tua madre vuole sapere se stai mangiando, e se dormi decentemente, e se metti gli occhiali quando guardi l'Holo-tv.'

'Mangio come un porco, dormo zero e ieri ho spaccato gli occhiali per alcolizzarmi con uno che è alto quanto tu e la mamma messi insieme.'

La mente di Zoe aveva formulato la risposta, ma la voce era rimasta al riparo da qualsiasi, sconveniente affermazione. Per poi viaggiare su un più sicuro:

'Sì. Sì. E ancora Sì.'
Al quarto sì avrebbe vinto una bambolina a forma di perfetta madre casalinga che sorride e batte le mani a ritmo di una testa che sbatte ripetutamente contro un muro.

'Bene.' aveva detto lui.
'Bene.' aveva ripetuto lei.

E poi il silenzio. E poi di nuovo le scarpe della gente.
Quello è un dottore, certamente è un dottore. Quell'altro non lo capisce che gli stivali da cowboy a Horyzon non vanno di moda, quell'altro zoppica in maniera indecente.
La sensazione di disagio che provava nei confronti dell'uomo che aveva seduto lì al suo fianco, il silenzio cupo in cui era appena sprofondata e i palmi sudati che adesso stava sfregando tra loro: esorcizzava il tutto fissando i piedi delle persone. E ad un tratto s'era accorta che i piedi di Huck Haggerty non li aveva mai guardati. Le mani si, quelle spesso. Lo aveva fatto mentre lui mescolava le carte, e poi quando le aveva teso la sua per stringerla, e ancora -coi guanti- quando era intento a versare acido nei composti chimici. Ma le scarpe non gliele aveva mai guardate, ad Haggerty.
Gli aveva scritto un messaggio sul codex pad, dopo l'incontro con Blackbourne ma lui non aveva ancora risposto. E non avrebbe risposto, probabilmente, di questo era abbastanza certa. Eppure controllava l'aggeggio malefico al polso costantemente, per paura di perdersi il 'bip' e l'illuminarsi dello schermetto. Voleva proprio esserci, coglierlo in fallo il suo cpad, osservarlo nell'attimo in cui il messaggio sarebbe arrivato, e l'avrebbe strappata via da quell'opprimente sensazione che ti fa sentire con le mani alla gola, in una stanza stretta e priva di finestre.
Accidenti, perchè non aveva mai guardato le scarpe di Haggerty? E Perchè non le aveva risposto?
E perchè Chris Abigail Parker non aveva trovato il modo di mettersi in contatto con lei?
Strana cosa, i rapporti sociali.
Meglio le scarpe degli sconosciuti, in fondo, danno più informazioni, meno rischi, e uno non ci deve neppure parlare.
Quello pure è sicuro del Rim, quello cammina troppo pigramente, per avere un lavoro, è certamente un disoccupato. Quell'altra ha un laccio sciolto, a breve cadrà e si spaccherà la faccia.
Quelle potrebbero essere scarpe da Huck Haggerty, comode, usurate, un po' sbiadite.

'...spero di essere stato chiaro, e che in futuro non si ripeterà. Ora devo andare, Morrigan. Alle ore 14.00 mi aspettano in sala operatoria.'

Suo padre si stava già alzando, e aveva girato lo sguardo su di lei. Uno sguardo nuovamente corrucciato, era abbastanza ovvio.
E lei non aveva sentito una parola che fosse una, e ora stava ricambiando la sua occhiata con una a palpebre slargate.

'Certo.' aveva risposto, prontamente. La risposta da dargli sempre era quella, l'aveva imparato a menadito nel corso degli anni. un 'Certo' e ti togli via dagli impacci, dall'obbligo di dover spiegare, giustificarsi, avere un rapporto.

'Buona giornata.'
Una sistemata alla giacca, un cenno della testa. E poi s'era allontanato, mescolando le sue belle scarpe nere con quelle di centinaia di altre persone, lasciando dietro di sè la solita scia di leggero frastornamento misto alla sensazione netta e precisa che Zoe non avrebbe mai smesso di sentirsi una tredicenne insicura davanti a lui. E poi, il bip del suo codex pad.
Quasi aveva sobbalzato, trattenuto il fiato. E aveva anche aspettato un po', prima di andare a vedere chi fosse il mittente.
Un momento dopo s'era abbandonata con le spalle minute contro lo schienale della panchina.

'Luis Collins.'
aveva detto, tra i denti.

'Che tu sia maledetto.'




mercoledì 23 ottobre 2013

Senza ragione




Dio mio, quanto vorrei poter usufruire di un acido potentissimo in grado di liquefare dall'interno i bulbi oculari della dottoressa Graf.
Lei e i suoi capelli strambi. Lei e quell'aria robotica da so-tutto-io-te-non-vali-niente-inutile-pure-che-respiri-la-mia-aria. Lei e le sue teorie sul mondo.
Ora elencherò i motivi per i quali la odio:

- E' in gamba
- ha tredicimila master
- vive
- parla
- respira
- ha delle unghie più belle delle mie
- mi ha chiamata 'cagnolino di Haggerty'
- pronuncia male il cognome 'Haggerty'
- a lei la divisa di HP sta meglio che a me
- ha una teoria su tutto
- vive (già l'ho detto?)

E questo è quanto.
Ora.
Ho fatto una cosa che non dovevo fare. Ho fatto una cosa che mi ero ripromessa che non avrei più fatto quando all'asilo, a quattro anni e mezzo, ho spintonato nel bagno Jin Mi Lee (5 anni), perchè mi aveva detto che avevo gli occhi color cacca.
HO SPINTONATO LA DOTTORESSA GRAF.
Cioè ho proprio alzato le mani, fatto un passo in avanti, e tirato uno spintone verso il suo petto.
Non lo so che m'è successo. Davvero. Mi è entrato in corto circuito il cervello, una sinapsi deve aver reagito male alle sue ultime parole (non ricordo più nemmeno quali fossero, addirittura) e poi l'istinto ha avuto la meglio. L'istinto. Sì, ho pure un istinto. Coperto sotto tre strati di indumenti e sotto lenti troppo grandi, ma cacchio, MA IO SONO UNA BESTIA SE MI CI METTO, EH.
Mettete a letto i bambini, chiamate un'ambulanza preventivamente, sta passando Zoe Morrigan, che tira panini e tira pure spintoni.

...

Sono davvero nei guai. Sono qua, chiusa nel mio alloggio, ed ogni passo che sento in corridoio mi provoca tremori convulsi alle ginocchia, occhiate terrorizzate verso la porta, e pensieri di morte e distruzione intervallati solo da torture inenarrabili che riceverò dal Signor Capo alias BlackBourne.

Ho pensato già a come discolparmi:

Numero uno: 'La prego signor Blackbourne, mi perdoni! Io non volevo, è solo che soffro di una terribile fobia che mi costringe ad evitare le persone dai capelli rossi. E se non le evito, le spintono. Le porto una cartella clinica firmata e controfirmata da medici stimati, no, metta giù la pistola, cosa sta fac-..'

sbam.
(sbam è il rumore della pistola. Non so che rumore abbia, ma credo sia 'sbam'.)

Ho pensato già a come discolparmi anche con Haggerty, che sicuro una ramanzina me la deve fare, per questa storia, e figuriamoci se si perde l'occasione:

Numero due (la scena possibilmente da svolgersi davanti al mare, col vento tra i capelli, e il tramonto dietro di noi): 'Huck, tu non capisci. Lei stava gettando fango su di te, sul tuo lavoro di chimico, sulle tue abilità. Ti ha chiamato 'Mediocre', ha detto cose inenarrabili. Oh, Huck, no, posa il bottiglione d'acido, cosa stai facendo?  Cosa ne sarà del nostro bambino che porto in grembo? Cos-...no-...Hu-..io-..ti-...'

Swish.
(suono dell'acido che mi percorre la pelle.)


Ecco qua.
Non mi viene in mente altro. Tutto questo è terribile, come ho fatto a perdere le staffe a quel modo?
Come ho fatto, io, proprio io?
E anche oggi, come al solito, vorrei sprofondare sotto qualche metro di terra, rimanerci per una cinquantina d'anni, e tornare in superficie solo quando tutto questo verrà archiviato e dimenticato.

E comunque, cara Jin Mi Lee (sempre5anni) : sei pure mezza daltonica, oltre che stupida. I miei occhi sono neri, non color cacca. Ti odio e ti odierò per sempre. Amen.



martedì 22 ottobre 2013



Questa serata verrà presa, accartocciata, e poi modificata a mio piacimento nella testa.
E' andato tutto bene, io ho perso a poker, non ho chiesto nulla, non ho ricevuto nessun rifiuto, niente mortificazioni, niente minacce, niente imbarazzo COSI' TERRIFICANTE, PORCA MISERIA, DA FARMI DESIDERARE LA MORTE IMMEDIATA PER DECAPITAZIONE, MENTRE MI S'IMPICCA, E MENTRE QUALCUNO MI DA' FUOCO AI CAPELLI E MI INCENDIA PURE I PIEDI.

La smetto. Questa è isteria, me ne rendo conto, e no, non dobbiamo diventare isterici.
Noi siamo chimici, gente con le palle, gente dal forte autocontrollo.



....


Jhonny Sullivan (anni 13), dopo la finale di pallaaqualcosa in cui m'avevano costretta a giocare, aveva proprio detto la verità:

'Tu, Zoe Morrigan, finisci sempre col culo per terra. Ma come fai?'

Caro Jhonny Sullivan, non c'hai capito proprio niente. Io, semmai, mi ci butto proprio a peso morto.
Comunque guai, guai, tanti guai e sciagure ricadano su di me, se riprovo ancora a pensare a quello che ho pensato stasera, etcetera,
etcetera,
etcetera.

Dio, ma quanto sono idiota?
Tanto, Zoe, tanto. Pacca sulla spalla, schiena dritta, e vatti ad ammazzare per davvero in qualche anfratto, vai, che te lo meriti dal profondo del cuore.





( annotazioni un po' convulse, grafia tremendamente frettolosa. >

Allora. Ho un'amica.
HO UN'AMICA. Oggi, 22, 10, 2515, io ho un'amica.
Chris, si chiama. Mi sono dimenticata di chiederle il cognome, però non fa niente, ha il mio contatto cortex e potremo scambiarci messaggi e messaggini vari, a tutte le ore del giorno e della notte.
Credo si faccia così.
Chris è una tipa proprio tosta, di quelle che ti menano con gli occhi se solo t'avvicini. Oddio, a giudicare da come è arrivata pesta davanti a me, direi che non ti mena solo con gli occhi. E' pure mezza lesbicotta. E credo abbia qualche problema con l'alcol, visto che beve gin senza ghiaccio alle ore 13 del pomeriggio.
Ma ho un'amica, che importa? Ha detto che l'ultima volta qualcuno le ha infilato un palo su per il <seguono cancellature> sedere, credo che sia stato a quel punto che s'è votata alle donne. Voglio dire, sono avvenimenti traumatici, presumo, ed ora cammina piuttosto male, tipo trascinandosi come un coniglio un po' zoppo.
Ma lei è mia amica. L'abbiamo deciso preventivamente, seguendo tutte le regole di quell'Holo-film che ha visto non so dove: io avevo proposto il patto di sangue con successivo svenamento, ma lei ha optato per una scatarrata sul palmo e stretta di mano. Poco dignitosa, è vero, ma almeno siamo ancora vive tutte e due.
Sputo come un cane, ha detto. Per farle comprendere che i cani non sputano -al limite sbavano- ho impiegato dai trentacinque ai quaranta secondi, certe volte sembra proprio non comprendere.
Ma è mia amica, ho un'amica. Carissima Jenny Tyler (7 anni e mezzo) che a scuola hai messo la crocetta sulla casella 'NO' , in risposta al mio bigliettino con su scritto 'Vuoi essere mia amica?': ora ti mando contro Chris e ti faccio mangiare la faccia, così impari bene contro quale bambina metterti.

Tre punti, una linea, tre punti.
Me ne ricorderò.

p.s: ho un'amica. Apatica, con lo sguardo spento e i capelli da teppista. Non potevo chiedere di meglio.


_____________


( viene fatta un'aggiunta, a distanza di ore. )

Christina Abigail Parker, ingegnere. La Krushenko parla di sequestro di persona, forse di rapimento, o simili.
La mia nuova amica mi sa che mi ha mentito per tutto il tempo.
O forse è nei guai.

Solita sfiga nera.



lunedì 21 ottobre 2013



Avrei voluto spaccarglielo, il suo cpad sfavillante e nuovo di zecca. Avrei voluto prenderlo, strapparglielo dal polso, gettarlo in terra, raccogliere un badile di ferro, e spiaccicarglielo contro più e più volte. Magari gridando come una pazza, in piena scenata teatralissima. Questo, ogni volta che gettava uno sguardo sul display luminoso.
Ma invece mi sono limitata a chiedere d'uscire dal locale, che forse era meglio. Tutto ad un tratto mi stava stretto il ristorante, la tappezzeria, persino il vestito.
Altro che 'wow'. Ma 'wow' un par di palle, dico io. 'Wow' cosa, se ti sei dimenticato che m'ero sciolta addirittura i capelli tre secondi dopo essere entrati al Sally Side.
Il mio libro non è servito a nulla, forse avrei dovuto leggerlo fino alla fine, prima d'andare alla cena.
Lo sto sfogliando adesso. Quinto punto per un appuntamento perfetto: mai parlare degli ex.

No, non avrei dovuto leggerlo io. Avrei dovuto direttamente regalarlo a lui.
Sono una stupida, era quasi meglio quando sprofondavo nella sociopatia più estrema. O forse ho sbagliato qualche calcolo, o forse ancora semplicemente non ho avuto il pieno controllo di me, in questa stramba serata, e la cosa mi spaventa.
Avere sempre il controllo, Morrigan, sempre.
Sempre.

E invece mi ritrovo a fissare sul tavolo uno stupido cappello da chef ed un panino che non ho nemmeno assaggiato.
Che un qualche dio mi abbia in gloria, perchè sono finita seriamente nella merda.
Ho dovuto persino beccarmi le mille domande di mia madre e lo sguardo fisso di mio padre. Non m'erano mancati per niente, devo dire. Hanno subodorato la menzogna, gliel'ho letto negli occhi, ma non ho avuto cuore di sostenerli per troppo tempo. Se si potesse mettere gentilmente una bomba sotto la mia casa, ecco, a quel punto potrei sentirmi più libera, slegata, diciamo.
Ma cosa sto dicendo.
Sono palesemente brilla, non dovrei nemmeno scrivere. Vado a dormire, domani metterò una pietra sopra su questi stupidi pensieri. Sul serio.

Comunque, alla fine, ha pagato lui.

M.
Emme, che potrebbe essere l'iniziale del nome, del cognome, del nomignolo, o di chissà che altro, non lo so perchè non ha voluto dirmelo. E' strano, Emme. Strano non come è strana la Graff, ma strano come potrebbe essere uno psicopatico appena uscito dal carcere penitenziario per malati psichiatrici senza che sia migliorato neppure di poco. Sì, io credo sinceramente che sia pazzo.
A parte che è uno scostumato, a parte che è pure sboccato e irriverente, a parte che non so come, non so perchè, mi ha fatto perdere le staffe e mi ha procurato un livido sulla testa. Dico, a parte questo, ieri ho litigato con questo sconosciuto. Sto facendo progressi nelle mie relazioni sociali, sono fiera di me.

In realtà oggi in laboratorio ho litigacchiato anche un po' con Haggerty. E' che quando mi tratta con quell'aria sufficiente, come se non ci si potesse fidare di me, mi manda in bestia.
Per un momento avrei voluto spaccargli il mestolo contro il naso, ma grazie al cielo il mio auto controllo ha salvato me da un'eventuale espulsione CUM morte certa da Hall Point.
Non lo riesco a capire bene, Haggerty, è come uno di quei composti chimici apparentemente semplici, ma dalla formula complicata come quella della struttura molecolare della clorofilla.

(segue annotazione esplicativa)
C55H72O5N4Mg
Devo mettere bene per iscritto quello che so con precisione, o finirò col perdermi:
- è un baro
- ha un debole per le scommesse
- faceva il doppio gioco per una banda criminale e la cicatrice sul collo se l'è procurata per quello
- non ha una donna, ma ce l'aveva fino a poco tempo fa (indagare)
- quando dice 'Sfiga puttana', mi devo preoccupare
- corrompibile con l'alcol
- non credo si droghi
- io spero che non si droghi
- dio, speriamo che non si droghi
- è il miglior chimico del Verse. Non perchè lo dice lui, ma perchè lo è. Seria.
- tende a sparire, essere rapito, essere ferito, morire e simili.
- si diverte come un pazzo a trattarmi da deficiente
- non crede per davvero che io sia una deficiente

E ultimo, ma non ultimo,
stasera andiamo a cena.
KABOOM. Voglio morire. Non ho un vestito adatto.
Voglio davvero morire.

domenica 20 ottobre 2013



( Ancora annotazioni )

Erkentrud Graff.
E' strana. Capelli strani tatuaggio in faccia -dico io, ma una persona si può tatuare un cuore sul viso?- trucco pesante. A primo acchitto non pare una dottoressa. Invece questa stronza ha una laurea in Medicina, specializzazione in Chimica, in Biologia, credo pure in Genetica e non ricordo cos'altro. Ci manca che sappia fare l'uncinetto, cucinare manicaretti, sparare con due pistole e poi posso odiarla sul serio.
No, accidenti. Non mi va di essere competitiva sul lavoro, il problema è che non voglio arrivare neppure seconda.
Ce l'ha con Kane Vyntra, e Kane Vyntra la guarda come se se la volesse mangiare. Non posso permetterglielo, ma solo perchè poi lei diventerebbe una sorta di 'vittima' e no, accidenti, guadagnerebbe punti.
Penserò a qualcosa.



Nel frattempo la mia voglia di uccidere Luis Collins è salita alle stelle. Un po' perchè mi ha messa a catalogare scartoffie, oggi, un po' per quelle sue teorie da uomo di mondo conoscitore di corer. Non conosce un ben niente, in realtà. E' convinto che abbia una cotta per Huck Haggerty, ma io non ho nessunissima cotta per nessunissimo Huck Haggerty in nessunissimo senso. E' il chimico più in gamba che ci sia nei paraggi, dannazione, non mi brucerei mai un eventuale rapporto di collaborazione con lui per questioni idiote come queste.
Però sta bene senza la barba. Anche se si vede di più quella strana cicatrice che non sembra essere per niente frutto di un'operazione chirurgica. Chissà chi gliel'ha fatta.
Non mi interessa, comunque, barba o non barba, cicatrice o non cicatrice, ci manca solo che mi metta a pensare a cose del genere. Io voglio sposare il mio lavoro, a Luis Collins proprio non gli entra in testa.
Come direbbe Haggerty, siamo al 'flop', bisogna ancora scoprire altre due carte. Al 'raise' farò un 'All in' e dimostrerò di avere le carte vincenti, altro che Erkentrud Graff. Gesù, sto proprio leccandogli il culo, con questa storia del poker. Così in basso per imparare qualcosa -cucinare droga, tra l'altro- non c'ero mai caduta. Mio padre ne morirebbe.
...Ma chissà come se l'è procurata, quella strana cicatrice.

Nota: STEVENSON, tenersi alla larga. (non ricordo più il perchè)
Nota 2: Tenersi ben stretta la domanda num. 3


giovedì 17 ottobre 2013


( seguono nuovi appunti )

17.10.2515

Huck Haggerty. Non ha finito gli studi, ma è uno dei migliori chimici del 'Verse. DICE.
Arrogantello, ironico nel modo che non piace a me (vedi Kane Vyntra.), Baro.
Gli piace dare nomignoli, io li odio i nomignoli. Odio i vezzeggiativi e tutte le cose che finiscono in 'ino/ina/etto/etta' o peggio 'ettino/ettina'.
Spero solo che da 'Intuitina' non passi a 'Intuitinettina', quindi.
Devo imparare da lui, mi serve. Ho tanta teoria e poca pratica, lui ha un metodo tutto suo a quanto pare, che consiste nel farti fare direttamente le cose, roba traumatica, l'assistente numero 2 l'ho vista sul punto di smaniare.

Nota: reperire informazioni sul Poker.
Nota 2: sbirciare meglio quel coso che si intravede dal collo (tatuaggio?)
Nota 3: NON MORIRE. Quest'uomo porta una sfiga esagerata, mi pare d'aver capito.


Tali Moriarty. Alias assistente n.2
Non lo so se mi va a genio. Credo abbia tentato di difendermi, o forse no, forse le piace solo sfoggiare un'aria scontrosa e riversarla contro Haggerty e m'ha utilizzata come 'pretesto a caso' per farlo.
Non ho ben capito cosa ci sia tra i due, mi sa niente, o forse boh.
Non ci capisco nulla di questioni simili, so solo che lei è molto bella, molto magra, molto tutto.
Però oggi ho vinto io. Questa è l'unica cosa che conta.



Ero agitata, una volta lasciato il laboratorio. Non lo so, è che l'unica volta che ho fatto qualcosa d'illegale, è stato sbirciare la risposta al test di Matematica, a scuola, quando ero ancora un nano. Risposta sbirciata sul compito della maledetta Lyal Thompson (8 anni) , stronza occhialuta dotata di un cervello allucinante. Risposta che m'è costata l'occhiata di compatimento più disonorevole di tutta la mia vita.
Ecco, Lyal Thompson, piccola cagna genialoide che m'hai rovinato la vita: adesso io sintetizzo droga e tu stai a fare i vaccini. Magari muori. Magari.




Annotazioni.



16.10.2515

( seguono appunti )

Kane Vyntra.E' arrogante, è ironico nella maniera che non piace a me, e non riesce a completare una frase senza che all'interno vi siano le seguenti parole:

'Cazzo. Masturbazione. Figa. Fottut/o/a/i, Coglione, Stronzo. Merda. Merda sciolta. ' e simili.

Non andremo d'accordo, ma la cosa non mi stupisce.
E' stato lui a darmi il lavoro.


Luis Collins.Deve avere qualche problema con il sesso. E col fumo. E probabilmente anche con l'alcol.
Non riesco bene ad inquadrarlo.
Regola numero 3: meno cose sai, più sei al sicuro.

Ricevuto.