giovedì 24 ottobre 2013

Carpathia Square offre una bella vista, alle volte.



Se c'era una cosa che Zoe Morrigan non sapeva fare, era aspettare.
Non riusciva ad ammettere ritardi d'alcun tipo, proprio le creavano ansie, i ritardi.
Se ne stava lì ad attendere, ferma sulla panchina, con le mani serrate e unite tra le gambe sottili.
Il via vai della gente incrementava lo stato di paranoia in cui stava amabilmente cadendo, cercava di non osservarle le persone, si limitava a fissare i loro piedi.
Dai piedi, alla fine, uno capisce quasi tutto quello che c'è da capire.
Quello veniva sicuro dal Rim, quell'altro no, aveva le scarpe troppo lucide, quella con le scarpe rosse e il tacco alto non ci sapeva nemmeno camminare, su quei trampoli, valeva quasi la pena risollevare gli occhi verso il suo viso -era bionda, sicuro, se lo sentiva proprio dentro- se non fosse che un paio di scarpe nerissime e sobrie, dalla punta leggermente allungata, non si fossero fermate esattamente davanti a lei.
Le aveva viste mille volte, quelle scarpe.
Le aveva odiate altrettante volte.

'Morrigan.'
Detestava il modo in cui lui pronunciava quelle otto lettere. Davvero, lo detestava con ogni fibra del suo corpo.

'Ciao, papà.'

Aveva alzato gli occhi e lo aveva guardato. L'espressione di disappunto sul viso di suo padre era una costante, ormai. Aveva quell'espressione là, con le labbra un po' strette e la fronte aggrottata, ogni volta che malauguratamente si ritrovava ad iniziare una conversazione con sua figlia.
'Ma che ci parliamo a fare, se tutte le volte mi devi guardare come se fossi una strana cosa che qualcuno ha buttato per terra.' avrebbe voluto dirgli questo. Avrebbe voluto dirgli molte cose, in realtà, ma era pure vero che alla fine non gli diceva mai niente, tenendosi tutto ficcato nella gola, proprio ad altezza trachea, giusto per non creare chissà quale enorme, strano, immenso, miserabile disagio.
Aveva sorriso, invece, nel modo un po' formale che ha lei per sorridere quando incontra qualcuno di importante. Lui no, non aveva sorriso. S'era semplicemente seduto al suo fianco, a qualche centimetro di distanza, e aveva già girato lo sguardo altrove, verso qualcosa di più interessante. La fontana di Carpathia Square, in fondo, era davvero deliziosa.
'Tua madre vuole sapere se stai mangiando, e se dormi decentemente, e se metti gli occhiali quando guardi l'Holo-tv.'

'Mangio come un porco, dormo zero e ieri ho spaccato gli occhiali per alcolizzarmi con uno che è alto quanto tu e la mamma messi insieme.'

La mente di Zoe aveva formulato la risposta, ma la voce era rimasta al riparo da qualsiasi, sconveniente affermazione. Per poi viaggiare su un più sicuro:

'Sì. Sì. E ancora Sì.'
Al quarto sì avrebbe vinto una bambolina a forma di perfetta madre casalinga che sorride e batte le mani a ritmo di una testa che sbatte ripetutamente contro un muro.

'Bene.' aveva detto lui.
'Bene.' aveva ripetuto lei.

E poi il silenzio. E poi di nuovo le scarpe della gente.
Quello è un dottore, certamente è un dottore. Quell'altro non lo capisce che gli stivali da cowboy a Horyzon non vanno di moda, quell'altro zoppica in maniera indecente.
La sensazione di disagio che provava nei confronti dell'uomo che aveva seduto lì al suo fianco, il silenzio cupo in cui era appena sprofondata e i palmi sudati che adesso stava sfregando tra loro: esorcizzava il tutto fissando i piedi delle persone. E ad un tratto s'era accorta che i piedi di Huck Haggerty non li aveva mai guardati. Le mani si, quelle spesso. Lo aveva fatto mentre lui mescolava le carte, e poi quando le aveva teso la sua per stringerla, e ancora -coi guanti- quando era intento a versare acido nei composti chimici. Ma le scarpe non gliele aveva mai guardate, ad Haggerty.
Gli aveva scritto un messaggio sul codex pad, dopo l'incontro con Blackbourne ma lui non aveva ancora risposto. E non avrebbe risposto, probabilmente, di questo era abbastanza certa. Eppure controllava l'aggeggio malefico al polso costantemente, per paura di perdersi il 'bip' e l'illuminarsi dello schermetto. Voleva proprio esserci, coglierlo in fallo il suo cpad, osservarlo nell'attimo in cui il messaggio sarebbe arrivato, e l'avrebbe strappata via da quell'opprimente sensazione che ti fa sentire con le mani alla gola, in una stanza stretta e priva di finestre.
Accidenti, perchè non aveva mai guardato le scarpe di Haggerty? E Perchè non le aveva risposto?
E perchè Chris Abigail Parker non aveva trovato il modo di mettersi in contatto con lei?
Strana cosa, i rapporti sociali.
Meglio le scarpe degli sconosciuti, in fondo, danno più informazioni, meno rischi, e uno non ci deve neppure parlare.
Quello pure è sicuro del Rim, quello cammina troppo pigramente, per avere un lavoro, è certamente un disoccupato. Quell'altra ha un laccio sciolto, a breve cadrà e si spaccherà la faccia.
Quelle potrebbero essere scarpe da Huck Haggerty, comode, usurate, un po' sbiadite.

'...spero di essere stato chiaro, e che in futuro non si ripeterà. Ora devo andare, Morrigan. Alle ore 14.00 mi aspettano in sala operatoria.'

Suo padre si stava già alzando, e aveva girato lo sguardo su di lei. Uno sguardo nuovamente corrucciato, era abbastanza ovvio.
E lei non aveva sentito una parola che fosse una, e ora stava ricambiando la sua occhiata con una a palpebre slargate.

'Certo.' aveva risposto, prontamente. La risposta da dargli sempre era quella, l'aveva imparato a menadito nel corso degli anni. un 'Certo' e ti togli via dagli impacci, dall'obbligo di dover spiegare, giustificarsi, avere un rapporto.

'Buona giornata.'
Una sistemata alla giacca, un cenno della testa. E poi s'era allontanato, mescolando le sue belle scarpe nere con quelle di centinaia di altre persone, lasciando dietro di sè la solita scia di leggero frastornamento misto alla sensazione netta e precisa che Zoe non avrebbe mai smesso di sentirsi una tredicenne insicura davanti a lui. E poi, il bip del suo codex pad.
Quasi aveva sobbalzato, trattenuto il fiato. E aveva anche aspettato un po', prima di andare a vedere chi fosse il mittente.
Un momento dopo s'era abbandonata con le spalle minute contro lo schienale della panchina.

'Luis Collins.'
aveva detto, tra i denti.

'Che tu sia maledetto.'




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