martedì 17 dicembre 2013

Apri gli occhi, Morrigan.





[una lettera piegata in quattro parti, viene fatta slittare sotto la porta di Morrigan]

quand'eravamo piccoli, giocavamo spesso a una cosa, uno sport, forse erano solo palate gratuite. Per fartela breve... c'erano due squadre che combattevano; undici ragazzi in un quadrato di terra e undici nell'altro quadrato. A vederlo dall'alto il campo intero, segnato da righe di gesso, era una specie di rettangolo lungo parecchi metri, con due porte, una per ogni squadra. L'obiettivo era attraversare quel rettangolo fino a soffocare. Non appena sconfinavi nel territorio avversario con la palla stretta al petto, sapevi già che ti avrebbero sommerso come uno stormo di cornacchie. In quei trenta secondi scarsi, mentre focalizzavi la porta, sapevi già che t'avrebbero caricato, trattenuto, placcato, insultato, sgambettato. Sapevi già che quella cazzo di palla sarebbe stata il motivo dei lividi e delle ossa rotte, delle bestemmie e degli spintoni, delle testate sui denti e dei pugni nello stomaco. L'unico modo per vincere era lanciare la palla a un compagno libero, mentre tu affogavi nel fango e venivi calpestato a calci. La palla volava di mano in mano, non stava mai ferma e non era di nessuno. Ce la passavamo per ore e ore, tracciando un labirinto di linee invisibili nel cielo.
Pensavo solo questo mentre scappavamo da Bullfinch, mentre ero in plancia a vedere i missili scivolare sul dorso della nave.
Pensavo che ci siamo menati così forte da aver annaffiato (per anni) col sangue e gli sputi, l'erba di quel campetto. Lo sapevo allora e lo so adesso che quella palla non l'avrei mai mollata, che l'avrei lasciata solo nelle mani dei miei compagni.
E' per questo che io e te non siamo mai state amiche Morrigan, tu non stai ne dentro ne fuori il campo, non sai neanche da che parte devi mettere i piedi. E io non ti odio, e non ho bisogno di perdonarti perché le ossa, me le hanno già spezzate prima che tu arrivassi col carico di paura e medicine.
Apri gli occhi Morrigan, ti muovi come una bandiera quando in realtà dovresti essere il braccio teso che la regge.

Cortès.

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